

LA TUTELA DELLA LIBERTÀ MORALE NELLA FORMAZIONE DELLA PROVA PENALE
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«Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti»: è questo il divieto, posto a tutela della libertà morale, declinato dal legislatore in due diverse disposizioni del codice di procedura penale, dedicate, rispettivamente, ai mezzi di prova e di ricerca della prova (art. 188 c.p.p.) e all'interrogatorio dell'imputato (art. 64, comma 2, c.p.p.).
La previsione, oltre che introdurre un divieto probatorio, costituisce un vero e proprio baluardo a difesa della dignità umana, rappresentando di retta applicazione di un fondamentale principio costituzionale; una nonna dal richiamo etico davvero significativo, che invita a riflettere sul confine tra la ricerca della verità e il rispetto dei diritti inviolabili dell'individuo.
Attraverso un percorso che si snoda tra teoria e prassi, che muove dalle origini storiche e si sofferma sulle implicazioni giuridiche delle interpretazioni di dottrina e giurisprudenza, il volume esplora i delicati equilibri che il divieto de quo impone di mantenere (soprattutto alla luce dei nuovi scenari frutto del progresso tecnologico), evidenziando il ruolo fondamentale che esso riveste nella prevenzione degli abusi e nella salvaguardia dei principi democratici.